Dott.ssa Paola Giardini, Socia Agifar Roma

Il Covid-19 continua a preoccupare.

Nel quadro clinico di un paziente possono rientrare il vomito, il delirio, le vertigini e il mal di testa. Un dettaglio che ha portato i ricercatori della Sapienza di Roma a valutare l’ipotetico coinvolgimento del virus nel sottoporre il sistema nervoso centrale a un’iperreattività immuno-infiammatoria, che accelera la progressione dell’infezione e ne peggiora la prognosi.

Questo spiegherebbe la severità della sintomatologia dovuta a un’invasione del virus non solo a livello polmonare ma anche a livello cerebrale.

È accertato in vitro che il Sars-CoV e il Mers-CoV, permeando attraverso la BEE, invadono le cellule nervose e ne iper-attivano i fattori pro-infiammatori, scatenando un processo pericoloso, specialmente, nel paziente con sistema immunitario compromesso.

Dal momento in cui il Sars-Cov 2 appartiene alla medesima famiglia dei coronavirus beta, non si esclude possa avere lo stesso meccanismo. La condizione principale, che innescherebbe il tutto, è l’ipossia della malattia polmonare da Covid-19, durante la quale il cervello è scarsamente ossigenato.

Resta da chiarire in maniera univoca come il virus arrivi a livello centrale, dato che per ora bisogna attenersi a ipotesi che devono essere dimostrate in vitro. Ad esempio, il morbo potrebbe legarsi alla proteina Ace2 della membrana cellulare, espressa nell’area degli organi circumventricolari del sistema nervoso centrale, oltre che nel tessuto alveolare e intestinale.

Non si escludono percorsi non Ace2 dipendenti, come il passaggio tramite il nervo olfattivo secondo cui il Covid-19 raggiungerebbe la BEE tramite un percorso retrogrado. Tra i sintomi infatti, è frequente una ridotta nonché assente capacità di sentire gli odori che ne suggerisce un coinvolgimento in regioni critiche della regolazione del sistema autonomo.

Le lesioni neuropatologiche potrebbero giustificare la gravità dei problemi respiratori nel paziente; infatti, il virus invadendo il tronco encefalico, si dislocherebbe laddove risiedono i centri di regolazione del ritmo della respirazione.

In considerazione di ciò, si allarga la prospettiva sul Covid-19. I sintomi che, in un primo momento, sono stati ritenuti secondari rispetto a quelli più urgenti relativi alle vie respiratorie, adesso, anche grazie al progredire degli studi sul funzionamento del nuovo virus, ricevono una considerazione maggiore.

I neurologi definiscono “attendibile” la teoria della neuro-infiammazione, secondo cui il paziente immuno-compromesso potrebbe manifestare alterazioni nonché malattie neurologiche e psichiatriche gravi e irreversibili.

Si ha la necessità di intervenire, anche preventivamente, sui processi neuro-infiammatori con sostanze di provata efficacia nel restituire ai mastociti e alle microglia la loro funzione omeostatica e protettiva. Una tra queste potrebbe essere la PEA-um, la sostanza di natura lipidica prodotta dai tessuti animali in caso di infiammazione che, somministrata nell’uomo, è in grado di potenziare i naturali meccanismi di difesa con cui l’organismo risolve lo stato infettivo e recupera lo stato di benessere.

Attualmente, circa il 10% dei pazienti in terapia intensiva necessita di un preciso monitoraggio neurologico. In vista di ciò, il neurologo collabora con l’infettivologo per verificare eventuali problematiche cliniche e complicanze post-infettive e per scegliere una terapia con meno interazioni farmacologiche.

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