
Dott.ssa Paola Giardini, Socia Agifar Roma
Sospesi tra la malattia che non aspetta e la necessità di deporre le armi e fermarsi per combattere il coronavirus.
È lo stato d’animo dei pazienti con patologie non Covid, compresi quelli oncologici.
I due mesi di emergenza sanitaria hanno creato un vuoto di assistenza e un controllo della salute più scarso.
Almeno tre milioni e mezzo di persone in Italia hanno dovuto rinviare visite ospedaliere e extraospedaliere, eccetto particolari casi. È diminuito il sistema di prevenzione, comprese le vaccinazioni, tanto promosse dal Sistema Sanitario Nazionale in questo periodo.
In aggiunta, il timore del paziente immunodepresso di essere più esposto al rischio del contagio, ha comportato una diffidenza nel recarsi in ospedale o chiamare il 118, seppur questi siano operativi con le giuste precauzioni.
La Società Italiana di Cardiologia afferma che in ospedale si arriva con complicazioni aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie salvavita. In ambito cardiologico solamente, si è osservato un aumento di decessi per infarto non trattato o trattato tardivamente.
“La salute è un bene da difendere e un diritto da promuovere”. I farmacisti hanno collaborato sin da subito per assicurare un’assistenza sanitaria omogenea sul territorio nazionale, cercando anche di ridurre al minimo le dimenticanze del SSN di questo momento storico.
Mentre l’attenzione pubblica e i medici sono stati concentrati unicamente sulla ricerca del coronavirus tanto temuto, le restanti patologie fisiche e mentali hanno preso il sopravvento sul paziente che si è sentito solo e non controllato.
La farmacia dei servizi è stata per due mesi e mezzo il presidio di accoglienza di patologie non Covid; ciò ha permesso di valorizzarne il ruolo con la speranza di acquisire una maggiore riconoscenza.
Il farmacista si è reso disponibile nell’evitare l’accesso agli studi medici per ritirare prescrizioni di farmaci stampandole direttamente attraverso file Pdf e NRE inviati dal medico curante al paziente, nell’attivare servizi di domiciliazione del farmaco per pazienti a rischio, e nel rispondere ai quesiti sulle infezioni contribuendo a migliorarne la prevenzione.
I farmacisti si sono riscoperti, senza presunzione, oculisti, dermatologi, ortopedici, gastroenterologi, ginecologi ecc.
Dalla fase 2 dell’epidemia, il farmacista, “fermo restando il rispetto delle misure di sicurezza, e il rispetto di eventuali ordinanze regionali” ha ricominciato ad “erogare servizi sanitari in farmacia, come il supporto all’autoanalisi, la misurazione della pressione, i servizi in telemedicina, le prestazioni da parte di esercenti professioni sanitarie”.
Tutti elementi che hanno permesso al cittadino di rivalutare la nostra professione, per varie e personali motivazioni. Non solo. Il SSN ha valutato l’operato del farmacista e della farmacia dei servizi che non potrà più essere sottovalutata, bensì resa indispensabile nel sostegno della salute in condizioni di emergenza ma soprattutto nella normalità.
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